E di certo a noi, che siamo andati a vederlo scettici e ne siamo rimasti ossessionati.

La La Land inizia come un musical, scoppiettante e soleggiato e finisce come un film dei più strappalacrime: sognante e a luci semi-spente.

La La Land è la città delle stelle, naturalmente, Los Angeles, L.A; è la terra delle vite che avrebbero potuto essere.

Una storia d’amore intensa, un’ode ai sognatori: those who dream (foolish as they may seem).
La trama c’è, la musica pure, i balletti anche. Eppure si esce con la sensazione di aver visto un film, più che un musical: manca la spensieratezza, la leggerezza, mentre i sogni dei protagonisti passano da essere ingenui e multicolor a realisti, testardi. Adulti.

C’è chi l’ha letto come un compromesso amaro, ma quelli che lo hanno amato nel profondo, quelli che sono usciti commossi e ispirati, toccati nelle corde più sensibili, sono coloro che hanno colto il messaggio:

in un mondo in cui non si può avere tutto, bisogna salvare i propri sogni.

 

Così, in un soffio, mentre noi siamo intenti a seguire le palpitazioni e le avventure dei protagonisti, i colori diventano meno edulcorati e le canzoni sempre più profonde, i sentimenti man mano più complessi e i personaggi più concreti.

Perchè per salvare i propri sogni, bisogna trattarli come progetti.

In un periodo storico come questo le porte in faccia sono una sensazione nota anche a chi non ha aspirazioni da cantante o ballerino. Le audizioni sono ogni giorno, nella vita reale.

Ci si riconosce, nella ragazza che va a fare provini quando stacca dal lavoro al bar e aspetta sperando la propria occasione: someone in the crowd, qualcuno che la scopra tra la folla e compia il miracolo, le cambi la vita. Ci si immedesima subito, nel musicista costretto a suonare Jingle Bells a una folla che non lo ascolta al ristorante.

I due si trovano, insomma: questo è evidente. In quella folla in cerca di occasioni si trovano loro, che non hanno molto da offrirsi salvo il reciproco appoggio, ed è lì che tutto comincia. Lì sta l’intensità della loro relazione.

La La Land è un musical sui-generis perché non coltiva idee frizzanti e canterine: non tutto va come si spera, il lieto fine non si capisce se lo sia e per la verità si esce dal cinema un po’ col magone, ma ci si ripensa per giorni, inquieti.

Perché quel qualcuno tra la folla che ci noti lo cerchiamo tutti, e quando la commozione scema e la comprensione si fa spazio diventa chiaro: l’era dei freelance obbligati non poteva che applaudire estatica un film in cui i personaggi, alla fine, imboccano la strada più spaventosa e si buttano da soli, in quella folla di gente impassibile. Scelgono il cammino più difficile, oltre che l’unico possibile; ma anche il più emozionante.

E noi che ci mettiamo in fila col nostro curriculum ad ogni colloquio, che inventiamo ogni giorno come farci una strada, noi che ogni tanto pensiamo di mollare tutto, abbiamo di che imparare: La La Land è il suono di una sveglia, che non porta via i sogni ma ricorda che, da soli, non arriveranno.

La La Land. Scriviamocelo sui muri, a eterna memoria:
quel qualcuno che cerchiamo tra la folla e che cambierà la nostra vita, siamo noi.